Tuning: Holland o Italian style?

Quando sali per la prima volta in camion sei totalmente ignaro del grande dilemma a cui, ad un certo punto della tua carriera, verrai sottoposto.
Quel tipo di scelta terrificante che, se non sei preparato, rischia di diventare la scelta più sbagliata della tua vita.
Sì, perché più che decidere se sposarti o fare carriera, se avere figli o no, se comprare la Pepsi o la Coca Cola, tu dovrai decidere come decorerai il tuo camion.

Ora, se fossimo Bruce Willis, in qualsiasi dei suoi film, certamente seguiremmo l’istinto e prenderemmo al primo colpo la strada giusta, ma qui non si tratta di fidarsi delle proprie capacità.
No.
Ci viene chiesto di schierarci.
Nel mondo dei camion, infatti, gli svizzeri neutrali o gli indipendentisti non esistono, se lo dicono beh, mentono, perché o ami l’Holland Style o l’Italian Style, l’unica cosa che li accomuna è che la sobrietà non è di casa.

Ma cosa sono questi stili dai nomi così altisonanti e soprattutto, come nascono e perché?
Per scoprirlo dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, perché no. Non è solo una questione di estetica.

Siamo negli anni ‘70, quando i camion erano poco più che delle scatole (se li confrontiamo con quelli di adesso, naturalmente) e proprio come delle grandi scatole dei ricordi, iniziavano ad acquistare un valore affettivo impareggiabile per chi li guidava.
I proprietari delle aziende erano fieri di poter partecipare attivamente all’economia del Paese in quegli anni, infatti il trasporto diventava attività imprenditoriale vera e propria.
Ecco quindi che chi apriva la propria azienda voleva, ovviamente, dimostrare al mondo la propria presenza e anche il proprio orgoglio.
Come le ruote dei pavoni, anche i camion iniziano a colorarsi di vernici sgargianti.
In Olanda si prediligeva una verniciatura di due colori pastello (spesso gli stessi aziendali), in Danimarca invece tre e per lo più con due colori molto forti (ad esempio verde e rosso, bilanciati da bianco o panna) e non era raro vedere flotte composte da camion tutti uguali e immediatamente riconoscibili.
I precursori di quella che oggi, nel marketing, va tanto di moda: l’identità visiva del brand.
All’epoca i camion non erano dotati di abitacoli mega space come oggi e non si sviluppavano in altezza, applicare un tabellone luminoso da fare invidia alle parrucchiere anni ‘80 era l’unico modo di essere riconoscibili anche di notte ed era subito “Dancing in the dark”.
On the top H24, insomma!

Completavano l’opera luci arancioni, sia quelle di effettiva utilità, che quelle più decorative, che servivano a farsi strada tra la foschia ed evitare il riflesso della neve e del ghiaccio.

Se poi ci spostiamo un po’ più a nord, tra Svezia e Norvegia, dietro al fascio di luce color ambra, ci sono aerografie degne di Michelangelo bordate da cornici di acciaio per lo più paraurti, serbatoi e cassettoni che dovevano resistere meglio alle basse temperature e alla corrosione del sale essendo gli elementi del camion più vicini al manto stradale e alle ruote.

Poi c’era chi faceva i viaggi nella storia, in lungo e in largo per Europa e Asia e montava sul tetto il porta pacchi per avere il necessario con sé, chi invece attraversava foreste selvagge, per evitare incontri ravvicinati dannosi con orsi, bufali o alci si proteggeva con i bull bar.
Scendendo a sud, le luci si schiariscono sempre di più e diventano bianche, per farsi spazio tra l’oscurità delle pianure e, forse, per intonarsi meglio con i bibendum della Michelin comodamente seduti a fianco del tabellone, come fossero angeli protettori dell’azienda, o, più probabile, come dichiarazione di spesa, visto che non nascono come orpelli decorativi, ma come gadget per chi acquistava treni di gomme della casa.
Al sud Italia, invece, tra grandi decorazioni grafiche, profili cromati e luci bianche svettava Padre Pio, il protettore degli autisti, inizialmente usato solo da chi aveva davvero una devozione per il Santo, poi divenuto simbolo protettore anche all’estero, tanto che ormai si trovano adesivi anche in siti stranieri
sottolineando il fatto che le tradizioni si muovono, proprio come i camion, e mutano.

Tradizioni che perdono il significato originario e si adattano a chi le indossa, veicolando il messaggio di riconoscibilità e appartenenza che rimane tutt’oggi.

Qualunque sia la vostra scelta, in fatto di decorazioni, sia che vogliate un puro stile olandese, che vogliate quello italiano, svedese o danese o che vogliate mixarli tutti per trovarne uno davvero vostro, qualcuno ve l’ha tramandata e voi l’avete adattata alla vostra personalità, al vostro modo di interpretare il viaggio, a ciò che volete essere e rappresentare in questo settore.
Le tradizioni sono abitudini e stili di vita che si tramandano tra i popoli, fatti di individui, che hanno voglia e necessità di affermarsi, esprimersi, ma anche di condividere, ritrovarsi e raccontarsi.

Perché questo fa un popolo, vive la propria individualità all’interno della collettività nel rispetto dei modi e degli spazi di tutti. E’ composto da tanti singoli, con personalità ed esperienze differenti che si raccontano all’interno di un gruppo.
Un popolo è come una famiglia allargata, fatta di difficoltà, disaccordi ma anche di amore.

E quando salite in camion, scegliete di decorarlo per rendervi unici, per differenziarvi, per identificarvi, con la consapevolezza e quell’orgoglio, prendete atto di amare e di appartenere ad un bellissimo e variegato popolo.
Quello dei camionisti.

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Laura Broglio
Laura Broglio

Camionista e Content Creator.
Dall’alto della mia cabina vivo il mondo dell’autotrasporto e ne racconto il bello.
Credo che questo settore abbia bisogno di trovare una nuova narrazione, lontana dagli stereotipi negativi che l’hanno accompagnato per anni per riuscire a dimostrare che, nonostante tutto, è un mondo meraviglioso.

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